Ristorazione fuori casa in Italia, cosa cambia

Il mercato italiano dei consumi fuoricasa nel Belpaese è stato stimato fino ai 75 miliardi di Euro annui: è la cifra che spendono italiani e stranieri che ogni anno frequentano i 350mila locali e punti di ristoro dislocati nel Belpaese, ovvero bar, ristoranti, pizzerie, tavole calde in cui lavorano  quasi un milione di persone. Un mercato dinamico che ha anticipato quella che è la stessa evoluzione socio economica italiana.

Ristorazione in Italia

Uno dei pilastri italici è senza ombra di dubbio il cibo: inutile fare i modesti, perché anche le grosse catene di fast food e le caffetterie americane sono costrette a piegarsi ai gusti degli italiani. L’economia italiana, d’altronde, verte anche sul settore alimentare e il mercato della ristorazione fuori casa, nonostante la crisi che ha colpito duramente nell’arco di questi 10 anni, ha avuto una crescita del 4,7%.

Questo però non vuol dire che essa sia la sola evoluzione. Infatti, chi consuma cibo fuori casa rappresenta esattamente lo specchio del Paese. Le abitudini italiane stanno cambiando seguendo ogni mutamento, contraddizioni comprese. Una delle tante caratteristiche è la frantumazione, ovvero una sorta di moltiplicazione dei format di consumo allo scopo di differenziare l’offerta al consumatore e intercettare una domanda frutto di delle nuove esigenze dei consumatori finali.

In parole povere, se prima si aveva fame e sete, ci si recava nei bar, nei ristoranti, nelle pizzerie e al massimo in qualche rosticceria per soddisfare il proprio appetito a seconda della sua grandezza. Oggi c’è una ulteriore scelta: ristoranti etnici. locali multiservizio, bar che preparano panini e primi piatti, locali adibiti solo al servizio da asporto, panifici che fanno pizza, distributori automatici che servono caffè, bibite e panini a un servizio catering anche per chi ha allergie e intolleranze.

Il pranzo fuori batte la cena

Lo studio della società Nielsen fa emergere un quadro molto interessante: i consumi fuoricasa degli italiani sono ben strutturati. Secondo la ricerca, almeno una volta alla settimana il 17% degli italiani fa colazione fuori casa, il pranzo fuori è catalogato come 29%, mentre la cena registra il 19%. Tempo addietro,  la tendenza dei due pasti principali si sarebbe invertita, visto che andare a mangiare fuori la sera era considerato un lusso riservato a festività particolari o per una serata romantica.

Complici anche alcune strategie di marketing elaborate da esperti di Restaurant Business Coaching: la formula all you can eat, ad esempio, è più costosa la sera rispetto alla pausa pranzo. Inoltre, molti bar e ristoranti offrono anche un menù “pranzo operai” tutto compreso e molto conveniente, ideale per chi si è stancato di addentare il solito tramezzino o un frutto portato da casa, o per chi è lontano chilometri dalla propria abitazione e deve essere in ufficio molto presto.

Sempre dallo studio della Nielsen, emerge inoltre che il  luogo dove gli italiani preferiscono mangiare è la pizzeria, il 54%, nelle trattorie sono scelti dal 39%, il fast-food è preferito dal 16% a discapito di un qualsiasi ristorante etnico (12%). Chiudono le catene ristorative con il 6%, mentre il 20% degli intervistati preferisce mangiare a casa propria per vari motivi.

Cosa cercano i consumatori

Le motivazioni di questo cambiamento sono tre, ovvero funzionalità, identità e ricerca. La prima è frutto dell’offerta ristorativa che deve essere sempre più funzionale e disponibile per le diverse esigenze dei consumatori.

La seconda, intesa come identità territoriale, troverà successo nel km 0 e la cucina tipica del luogo. Infine, la sempre maggior ricerca da parte dei consumatori di prodotti che possano coniugare sapore, benessere e qualità. Sempre più persone sostengono che una buona alimentazione sia  il fondamento del proprio benessere. Un fattore da non sottovalutare, in quanto determinante per il consumatore quando sceglierà il luogo dove mangiare.